INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO.

INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO.

L’indennità di accompagnamento prevista dall’articolo 1 della Ln.18/1980 si configura come prestazione in cui l’intervento assistenziale è rivolto principalmente a sostenere il nucleo familiare del soggetto inabile e non ha ad oggetto il sostentamento di quest’ultimo nelle sue capacità di lavoro. La giurisprudenza costante ha sempre ritenuto che le condizioni previste per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento consistano nella incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita senza continua assistenza o nella impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un assistente. Tuttavia è rimasta per lungo aperta la questione se fosse configurabile un diritto all’indennità di accompagnamento in relazione a tutte quelle malattie che cagionano infermità mentali con limitazioni dell’intelligenza, richiedendo una giornaliera assistenza anche farmacologia al fine di evitare aggravamenti delle condizioni psico-fisiche. La Corte di Cassazione ultimamente è ritornata sul punto con una recente ordinanza, la n. 5032 del 15 marzo 2016, che ha confermato quella tesi giurisprudenziale espressa che riteneva che per l’indennità di accompagnamento si dovesse tener conto dell’incapacità del soggetto a rendersi conto della portata dei singoli atti della vita quotidiana proprio per via dell’alterazione delle capacità cognitive.

Il caso sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione
Il caso da cui trae origine la decisione della Suprema Corte ha riguardato un soggetto affetto da gravi patologie neurologiche che ha deciso di proporre ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d’Appello, che non gli aveva riconosciuto l’indennità di accompagnamento dal 2007. La Corte di appello, infatti, affermando che egli aveva diritto all’indennità di accompagnamento solo dal 2012, aveva trascurato di considerare le peculiarità comportamentali del soggetto minorato, pur riconoscendogli la sussistenza di ‘gravi e permanenti patologie neurologiche’. La Suprema Corte, dando ragione al ricorrente, ha ritenuto che i giudici del merito avessero riconosciuto il diritto all’indennità di accompagnamento e non avessero considerato gli effetti delle malattie psichiche sul comportamento del ricorrente, il quale non aveva la capacità di compiere autonomamente gli atti quotidiani.

Condividi questa pagina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Apri la chat
💬 Hai bisogno di aiuto?
Salve 👋
Come possiamo aiutarti?